La natura selvaggia

da | Mag 17, 2017

Alcune poesie da La natura selvaggia di Beloslava Dimitrova, Traduzione di Emilia Mirazchiyska e Danilo Mandolini, Arcipelago Itaca, 2017.

Sciocchi

«Il mondo era pieno di padri – dunque pieno di miserie;
era pieno di madri – dunque anche pieno di perversioni
di ogni tipo, dal sadismo alla pudicizia; era pieno di
fratelli, sorelle, zii e zie – dunque pieno anche di follia e
di suicidi.»
Aldous Huxley, Il mondo nuovo (Brave New World)

un’auto lungo la strada
l’autista è mio padre
incontriamo un disastro
un vero fallimento
dell’umano
abbiamo molta fretta
procediamo velocissimi
per evitarlo
entra comunque in auto
si siede sul sedile posteriore
ci trasporta su di un fiume
con mio padre siamo in una barca
il nostro compito è contare
i coccodrilli sulla costa
uno due tre quattro
cinque sette
c’è il pericolo reale
che ci mangino mentre contiamo
lui dice
fosse stato un rito antico
mi avrebbe insegnato qualcosa
mi dico va be’
non avere paura
l’hanno fatto
generazioni prima di noi
io faccio la mia parte
io sono solo una persona
questi sono i miei avi
non mi accorgo
che ci hanno circondati
che ormai spingono la barca
il quarto rosicchia il remo
il primo mi guarda sa
proprio dove e come
trovare il sangue
e non ci siamo aggrappati
l’uno all’altra e contiamo

alcuni minuti dopo
mi volto guardo
il sedile a sinistra
quando tutto è finito
quello seduto lì
non è più nemmeno
mio padre

Natura #3

sotto l’albero un grido
fossili si rovesciano
sulla mia testa
due animali si amano
in particolare per questo li invidio
comprendo la situazione
in cui mi sono trovata
la brama inopportuna
per l’agire per la pace
né con dio né con te
potremmo discutere
gli altari sono lavati da tempo
fisso quel possibile attimo di felicità
e cerco di non muovermi

Silenzio

orso-spirito
moderato bosco piovoso
ghiande marine
animali di altri pianeti
filtrano il plankton
mutano dall’era glaciale
raccogliamo fungo di vetro
organismo di 300 milioni di anni
mi scostano
lentamente affondiamo
alimentiamo il corallo

Orca

volevo dirti
che io sono come quelle orche
nelle piscine che fanno acrobazie
con i loro istruttori
e la musica
piroetta dopo piroetta avanti indietro
giro spinta tuffo
presentazione del muso
le fauci aperte per il pesce
sì, questa sono io
il torso enorme
tu mi accarezzi tu mi tolleri
un’infinità di palloncini nell’acqua
la mia giovinezza e il mio nonsenso
la voglia di dimostrare la mia abilità
il credere che sarò sazia
il perdere della natura

Malata

lei è Anna Maria
lei vuole vivere come voi
però le è impossibile
perché nel suo cervello
calano degli irreversibili processi chimici
no, non c’è nemmeno una sola ragione organica
per il suo stato
lei è pronta ad interrompere l’attività della dopamina
per vivere come noi come te
per non sentire e per non vedere più
è pronta
non immaginavo che una persona
fosse in grado di ingoiare una tale quantità di pillole
lei lo fa non sono un suo amico
non la conosco bene
sono un osservatore esterno
la vedevo davanti al palazzo ad aspettare suo figlio
lui ha paura di lei
l’hanno istruito a difendersi dalla madre
lei può diventare molto pericolosa
spaventarlo e farlo piangere fino a soffocare
mamma non è più mamma
hai nonna e papà
loro ti bastano
Anna Maria aspetta si muove nervosa sta lì
cerca suona i campanelli compone sofferenza
lei resta lì
loro comunque usciranno
la vedranno che sta bene che è buona che è lucida
mi abituo alla presenza di Anna Maria
anche lei è come un osservatore esterno
la vedo che è diventata grande nelle piastrelle rotte
un albero sulle scale una pianta sotto più giù
nella cantina ovunque Anna Maria
occupa ogni ambito lei è madre
lei è madre di te di me del palazzo
ha messo radici dure
predilige una vena attraverso la quale
trasmette vita che così è eternità

Drago di Komodo

a V

un po’ più lungo di tre metri
saliva velenosa
si fa grande quanto vuole
predatore supremo
ventidue centimetri di lingua biforcuta che sente gli odori
è come una macchina
che implacabile uccide
che attraverso i recettori olfattivi,
grazie all’organo di Jacobson,
setaccia particelle dall’aria,
proprio come gli squali dall’acqua;
batteri
che addirittura riescono a dissolvere
la tossicità del veleno
sepsi
che scioglie il corpo
non c’è difesa
proprio non ce n’è

Essere umano

a A.

mi trovo a 2130 metri di altezza sul livello del mare
in altre parole sono seduto sull’abisso del mondo
tutto è ricoperto di vulcani e geysers
che vomitano vapore acqueo e acqua infuocata dallo zolfo
e di nuovo mi ricordo e ti chiedo come siamo arrivati a questo
punto
rigiro la roccia ti indico
ti mostro il letto pieno di batteri
caldo e poco profondo l’ambiente è lo stesso
spero che questa volta non sopraggiungano improvvisi
cambiamenti
che non ci siano complicazioni e mutazioni
che alla fine si chiuda
che le pinne dei pesci
non mutino
in arti
che non escano dall’acqua serpenti e rettili
che ad alcuni di loro non crescano le piume
che non diventino volatili
che il miracolo dell’evoluzione non accada
che non appaia l’uomo
che tu non appaia di nuovo
che sia soltanto io ad apparire

Immagine: Un diorama del Museo delle Scienze Naturali di Milano.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).