La grande mappa

da | Dic 29, 2016

Cinque poesie da La grande mappa di Giuliano Tabacco (Transeuropa, 2016).

Men at work

Qui sorgerà la nuova cattedrale.
Un parallelepipedo di specchi incastonati dentro il marmo.
Quattro piani di parcheggio sottoterra.
Ascensori, scale; e teche dove esporre
i desideri e il loro esatto contrario.

Ogni giorno movimentano tonnellate di materia.
Hanno scavato un altro metro di terreno. Hanno trovato
una bambina, i resti di un tempietto. (Le donne qui
venivano a pregare per i loro legionari
mandati ai confini dell’Impero.)

Sotto c’è una necropoli,
una trafila di neon; morti senza polpa.
Hanno trovato dei gettoni rotti dentro un coccio; ettolitri
di sangue prosciugato.
La dissepolta ora ci guarda furiosa. Chi evoca chi?
Chi rappresenta cosa?

Ai confini del lotto, un funzionario e due ingegneri
camminano in giacca; in controluce con l’elmetto.

*

Gennaio

Ma da qui si vedono colori strepitosi
annichilirsi nel gelo di gennaio:
una colata di atmosfera sopra la città
rappresa come una rosa di cinque minuti.
(Anche per questo abbiamo creduto agli dèi.)

Dirò comunque che la calda vita,
arrampicata fino ai vertici più alti delle costellazioni,
non è fatta forse per essere vissuta veramente
e con dolore.
Sono molte, troppe le cose che non ci riguardano
e che aspettano che noi ci consumiamo.

*

La sentinella

La grande luna diroccata sparge
ancora inchiostro. Io so
sporcarmici le labbra, capitano,
tenerci l’unghia. Questo dolore
che esige precisione, gli occhi splendidi.
Ma il corpo che manipolo non è
più il mio – la mia condotta – io che dimostro
gli anni di un cucciolo di lupo, ma
non ne voglio parlare; ora che allento
i pensieri, che pronostico.

*

L’infezione

A lato dei fossi ghiacciati di marzo,
con che dita esperte li hanno slacciati
– gli stivaletti lucidi, le cinghie,
l’elastico che tiene sulla carne. Lingue
sottili; avambracci scottati.

Ora, guarda il punto per terra – dove è sparsa
l’infezione. Fomenta la farsa
dell’amore, lo scambio infame, il debito
nostro verso gli dèi inesistenti – e di
animale un morso splendido,
di questi denti tuoi minuscoli, stampati.

(E le ragazze si rifanno il trucco
dentro i carri armati.)

*

Milano

Nella sala d’armi ci sono corazze vuote,
picche e lance; e cavalieri sciolti nell’acido
e nel tempo che mi separa dall’epoca futura
dove starò chiuso anch’io – coscienza scansionata
e pugno di mosche, di bit.
I fili della trama non tengono, ho capito.
Accanto alle bocche da fuoco, le spade e i pugnali;
e piccoli elmi scassati all’altezza dello zigomo
forati verso il cervello.
Nella sala d’armi ci siamo io e mio padre
e la battaglia non ha avuto inizio.
Gli eserciti si osservano; le rose
oscillano nella penombra tutte insieme
prima di esplodere per un contatto difettoso.
E fuori il pomeriggio è afoso; la città,
la sfera di cristallo, gli indici Mib.

Immagine: Alighiero Boetti, Mappa.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).