“La Gialla” Poesia 2019

da | Set 16, 2019

La collana “Gialla” di pordenonelegge-lietocolle pubblica quest’anno i libri La linea del davanzale di Francesca Ippoliti, Abitare la traccia di Fabio Prestifilippo, La casa e fuori di Francesca Santucci, Il machine learning e la notte stellata di Francesco Tripaldi e spin 11/10 di Francesco Maria Tipaldi, che saranno presentati a pordenonelegge sabato 21 settembre. Proponiamo un’anteprima.

Francesca Ippoliti, da La linea del davanzale

Interno

Solo nella costrizione è la grazia
(agiti, la frenesia, collaudo, fremito,
organizzi –
stiamo nello stesso quadrato, disegnare
cerchi, se poi)

Non capivo un bel niente.
La formula che mondi. Il sipario, forse.
Non capivano le ossessioni, vivevano
oscenamente liberati, con quella vitalità
di zampette frenetiche.

(La doccia, le manopole del gas, in cauda
venenum, non capisco se è confidenza o
competizione, non capisco l’idea per cui,
anni che il mio fianco destro non si squarcia)

……………………………….Für Alina, magari, l’EUFORIA.

Allora? Seleziona un mondo, un modo, un tempo.

*

Le proprietà della luce

Il passaggio delle stelle sopra i viventi si verifica ogni sera alla stessa ora, secondo le aspettative. Da quando sono cominciati i millenni, le stelle hanno preservato il più possibile la loro immobilità, come si fa con le cose preziose. Ma di giorno il sole le oscura e allora sembra che ci sia movimento, forse una partenza o magari un ritorno. Da sempre la luce, come la gioia, è una cosa che riesce a nascondere tutto ciò che non muta.

***

Fabio Prestifilippo, da Abitare la traccia

abita la mia morte se puoi
come si accoglie
la verità dalla bocca di un bambino
con tepore e cura

ma è solo nel tuo corpo
che ricambio
il senso della domanda,
il mio esserci per la morte
e del nostro umano
disabitare

*

cos’hai fatto per salvarti?
in quale lingua del mondo
chiedi “aiuto”?

come un incendio
che chiude l’orizzonte
è il fantasma,
quando gela nella sua ombra
le coordinate della mia pietà
e il tuo segno d’amore

*

posso avere fede in questo:
che il tuo corpo è un luogo
su cui combattere
una guerra d’ossa,
un reggimento
di terra fradicia che crolla
che nessuna resistenza oppone
all’allegria del nostro
santo sangue

***

Francesca Santucci, da La casa e fuori

Sotto il cielo

Quando esco da una stanza per entrare in un’altra
spengo la luce e il corridoio scompare e ogni cosa
è in attesa ed è una cosa e per sempre è una cosa.
È vero anche al buio questo intonaco scrostato
e la scarpiera e la mattonella che si muove, fa tac
sotto il mio piede, vuole ribadire l’arroganza
di chi porta un nome e si è mosso tra due buchi
nel muro, nell’intervallo che è tra la luce e la luce
e la mia mano che preme. La stanza in cui entro non esiste
finché sono io a deciderlo, e cosa devo dire ancora
che chiunque non sappia, io –
quando apro le finestre, mi stupisco
di trovarvi tutti ancora sotto il cielo.

(Dico che mi fate così male
che non posso più guardare).

*

Cura delle piante

Chi parla
parla due piani sotto al bonsai
dimenticato sul terrazzo per tutta l’estate,
e lo fa con qualche imbarazzo, con parole
che un poco si arrendono. Non sale a salutarlo
perché non vuole offenderlo, e perché
non vuole vedere uscirgli dalle foglie e dalla terra
l’incuria che non è la sua, l’aria di chi ha solo
sbagliato posto in cui stare.

Se parla non è per sembrare buona,
ma per fare più alti gli strati di ossigeno tra lei e il bonsai
morto sul terrazzo, inspessire la membrana
che non le consenta mai di salire le scale o
perché non si senta più per tutta la notte
quella sua voce piccola di pianta
e fibra e di rimprovero. Non la senti? – ascolta.
Prova ora.
Eccola.

***

Francesco Tripaldi, da Il machine learning e la notte stellata

Amore tra parentesi (Alle mie nuvole)

Ognuno ha le sue nuvole,
ognuno le sue costellazioni
ognuno il suo spazzolino,
il suo asciugamano, le sue convinzioni.
Io, invece, vado a caccia di scorpioni,
stano l’amore dai suoi nascondigli di parole, gli strappo gli artigli e lo lascio a dimenarsi, impotente
come si fa con le nuvole
e con le loro contraddizioni.
Altre volte lo bracco,
calcolo la balistica del dardo,
i danni collaterali del coinvolgimento,
e attendo,
attendo
il momento giusto per sparargli a tradimento, come un amante spavaldo
come un cupido codardo.
Mi stendo al suo fianco
a guardare il cielo
e penso che se gli apostrofi tagliassero le gole come fanno con le parole
la mia bocca traboccherebbe di sangue,
che se le nuvole dicessero la verità
riguardo la loro vera forma
non ci sarebbe azzurro sufficiente
a segnare l’orizzonte
a meno che
non traboccasse dai tuoi occhi.

*

Vivere a crepapelle

Mi sveglierò nudo nella neve
con la primavera che mi fiorisce nell’ombelico, orbiterò intorno ad una rotonda
per sfruttare l’effetto fionda,
per sintonizzare il sé con l’infinito
e aprirmi alla trascendenza come Gabriel Marcel.
Già scorgo la lanterna del Titano
sbranare la foschia della mia mente come un faro ed illuminare traiettorie
che non temono il confronto con il sole
e liberarmi
dalle conversazioni su what’s up,
dai minuti della wind
dal timore reverenziale
nei confronti di Egon Schiele.
Già possiamo ubriacarci e prender pessime decisioni raderci le barbe crespe
zeppe di ossessioni
raccontarci storie di sbirri in piazza Aldrovandi disegnare nuove costellazioni
sulle portiere delle Audi parcheggiate sbottonare la camicetta della notte con l’innocenza di neonati
appiccare fuochi fatui
nel portico dei Servi
ed unirci ad uno stormo di corvi
per ottenere infine ciò
per cui sentiamo di essere nati:
i nostri fottuti dieci minuti di applausi.

***

Francesco Maria Tipaldi, da spin 11/10

Eden

(marmellata di fichi)
se lo faceva leccare dalla cagna

come Adamo non se ne vergognava
non se ne vergognò.
La sera cantava, sniffava vernice dai secchi

*

Nonostante mi fossi battuto per evitare il giallo
nonostante l’allerta

nonostante persone avessero dato la vita per evitare il giallo

il giallo esondò
con formidabile forza (banana)

giraffa, zolfo, brodo granulare, ma anche canarino
cavallo, neve a volte.

Gli ufo sono come gli insetti
numerosissimi, ti si scagliano addosso se vedono il giallo.

L’ossigeno è la prima causa dell’ingiallimento.

Alcuni dicono: ben venga il giallo
altri lo temono fortemente e forse sono di più.

Gli ufo infestano le piante di limoni, non organizzano feste.

Dovresti essere pronto, dovresti stare attento.

Conoscevamo un ufo
aveva la consistenza e il colorito di una lingua di manzo.

L’edera struscia come un serpente sul pianeta morto
potrebbe ingiallire, ma resta verde
o rossa.

Omelette è una cosa che somiglia al suono della sua parola
questo non accade quasi mai.

La menzogna è gialla.

I formaggi lasciati all’aria tendono ad ingiallire.
Chi ha il volto giallo è vicino alla morte (quasi sempre).

Il giallo negli occhi vuole dire una cosa.

Tolto il giallo l’esistenza sarebbe vantaggiosa?
Questo cane non ha
nessun motivo per urinare tanto…

Ci si può aggrappare al giallo, ma è da disperati.

Con una maglia giallo pera, amico mio, non troverai una donna.
Con una maglia giallo pera

se dovessi tornare a casa (e sano e salvo) ringrazia Dio.

*

Un uomo ribaltato sulla schiena agita gambe e braccia.
Nessuno che gli porga un vecchio libro

o una foglia gigante.

Potrei fare qualcosa, ma il suo corpo è pure il mio.
Accumulo acqua.

Attendo la fune sottilissima di Dio, il calcio del demonio.

 

Immagine: Clyfford Still