Alberto Bertoni, Irlandesi

da | Gen 15, 2021

“L’anima dell’Irlanda salta fuori con orgoglio da questa lettura” scrive Daniele Benati nella prefazione al quaderno di traduzioni, appena uscito per Corsiero editore, di Alberto Bertoni che da Yeats a Bono propone una sua ‘personale’ sulla poesia irlandese del Novecento. Pubblichiamo cinque traduzioni.

 

 

 

WILLIAM BUTLER YEATS, Quando sarai vecchia

Quando sarai vecchia, grigia, piena di sonno
e ciondolante accanto al fuoco, prendi questo libro
e leggilo con calma, sogna il morbido sguardo
dei tuoi occhi di un tempo, il loro fondo d’ombra.

Molti hanno amato i tuoi momenti di grazia spensierata
e hanno amato d’amore vero o falso la tua bellezza
ma uno solo ha amato l’anima in te pellegrina
e le pene del tuo viso che cambiava.

In bilico sui ceppi scintillanti, appena triste
riepiloga tu in un soffio com’è fuggito Amore
e di quanto ha sorvolato le montagne
e in che folla di stelle ha nascosto il suo volto.

(1892, tratta da The Rose, La rosa, 1893)

 

 

PATRICK KAVANAGH, I poeti irlandesi ti aprono gli occhi

I poeti irlandesi ti aprono gli occhi
e perfino il sobborgo di Cabra può sorprendere,
se provi il cinodromo adesso e dopo —
a Shelbourne Park coi suoi tipi loschi.

Potrai mai pregare davvero
nella procattedrale cattolica
finché un soffio di semplicità non sciolga
la tua freudiana angoscia?

Entraci e partecipa
al cuore frustrato del mondo,
tira forte il drive della disperazione
per prendere congedo dalle tue pene

Sii comune,
sii risparmioso per sposarti,
baciala nei vialetti alberati,
concorda “stessa ora, stesso posto” e vai.

Impara a riposare sul letto della Noia,
fino in fondo anonimo, letto da nessuno,
e il dio della Letteratura per un attimo
ti renderà eterno.

(da Collected Poems, Tutte le poesie, 1964)

 

 

SAMUEL BECKETT, Rondò

su tutta quella spiaggia
alla fine del giorno
unico suono i passi
lungo unico suono
fino a uno stop involontario
e dopo non c’è suono
su tutta quella spiaggia
un lungo non suono
finché involontario non riparto
i passi unico suono
lungo unico suono
su tutta quella spiaggia
alla fine del giorno

(da Collected Poems in English, Tutte le poesie in inglese, 1961)

 

 

PAUL DURCAN, Il centro dell’universo

I
Quando spingo il carrello in giro per il supermercato,
sono il centro dell’universo;
su e giù per le corsie dei fagioli e dei succhi,
sono il centro dell’universo;
che vivo solo non è importante;
che sono un amante mollato non è importante;
che nuoto nel mio lavoro come un pesce fuor
d’acqua non è importante;
sono il centro dell’universo.

Sono sempre qui, se hai bisogno —
sono il centro dell’universo.

V
Ma adesso, stanotte, in ballo ci sono io,
mentre siedo alla finestra in alluminio e doppio vetro
a Dublino City e intanto piango piano nella T-shirt nera.
Possibile che non ci sia neanche
un essere umano, là fuori
con cui poter mettere su casa? Dividere una casa?
Una sola creatura, là fuori nella notte —
Non c’è neanche una creatura, là fuori nella notte?
Forse a Helsinki? O a Reykjavik?
O a Chapelizod? O a Malahide?
Così, vedi, sono costretto a calmare me stesso
nonostante mi tocchi rimanere
il centro dell’universo.
Infatti non è automatico, non è cosa decisa da te,
essere il centro dell’universo.

Sono sempre qui, se hai bisogno —
sono il centro dell’universo.

(da Daddy, Daddy, Papi, papi, 1990)

 

 

CIARAN CARSON, Mano cecchina

Il tuo uomo, dice l’Uomo, entrerà nel bar come questo qui
e in quel momento le sue dita
mimano un paio di gambe, una col ginocchio bloccato — così saprai
perfettamente
cosa fare
. Si punta un dito alla testa. Fa finta
che sia un gioco da bambini.
La mano potrebbe essere la bocca di un cavallo, un coniglio
o un cane. Cinque battiti di mani.
I muri hanno
orecchie: le ombre che proietti sono le ombre
che cerchi di cancellare.
Ho spento la candela fra pollice e indice. Era
la mano sinistra
quella mozzata al polso e buttata sulle spiagge dell’Ulster?
Ma l’Ulster
è esistita? O era la Mano Destra di Dio, che diceva Stop a questo
e No a quell’altro?
Il mio pollice è il cane di una pistola. Il pollice
sale.
Il pollice scende.

(da Belfast Confetti, 1989)

 

Immagine: Fergus Bourke, The Bottlethrowers.