Due voci. Inediti e traduzioni /1

da | Ott 31, 2018

Due voci è una nuova rubrica in cui si incrociano specularmente inediti e traduzioni d’autore. Nella prima uscita due poesie di Giorgio Sica e sue traduzioni di Manoel de Barros da Il libro sul nulla, Oèdipus, 2013 (alcuni versi dei testi di Manoel de Barros non sono riprodotti qui secondo la scansione originale, ci scusiamo).

(Giorgio Sica)

E così il giorno è arrivato,
il giorno del ritorno, del nostro
rincontro, qui al vostro asilo tropicale
dove giocate vestiti da ninja
o da supereroi della Marvel.
Appena sono entrato ti ho visto
Teo
eri così alto che quasi non ci credevo
ridevi e complottavi
qualcosa con Antonio
che ti arrivava appena alla spalla.
Ti ho chiamato e, quando ti sei girato,
il tuo sorriso ha illuminato
ogni molecola dell’aria
che avevamo intorno
mi hai abbracciato e “Come sei dimagrito!”
mi hai detto, mentre mi sfioravi la barba.
Poi hai preso lo zainetto e, per mano,
mi hai portato nell’altra sala
dove stava facendo merenda
coi bimbi più piccoli tuo fratello.
Kito
biondo come i bisnonni venuti dall’Est
miniatura di infinita grazia
Ti avrei voluto mettere al collo
e portarti a casa così, come un cammeo,
mentre mi baciavi e gridavi a tutti,
i tuoi occhi gocce di mare fissi nei miei,
che ero solo tuo padre, e il padre di Teo,
e di nessun altro.

*

(Manoel de Barros)

Le cose avevano per noi una disutilità poetica.
Nel fondo del cortile era molto ricchissimo il nostro dissapere.
Inventammo un trucco per fabbricare giochi con parole.
Il trucco era solo diventare scemo.
Come dire: ho appeso un benteví nel sole…
Quel che disse Bugrinha: dentro casa nostra passava un fiume inventato.
Quel che disse il nonno: l’occhio della cavalletta è senza principi.
Compa’ Nero chiedeva: Sarà che hanno fatto il colibrì diminuito solo per farlo volare
fermo?
Le distanze ci sommavano per meno.
Papà campagnava campagnava.
La mamma faceva candele.
Mio fratello aggiogava rospi.
Bugrinha batteva con una bacchetta sul corpo del rospo e lui si trasformava in una pietra.
Faceva finta?
Lei era accresciuta di aironi conclusi.

*
As coisas tinham para nós uma desutilidade poética.
Nos fundos do quintal era muito riquíssimo o nosso dessaber.
A gente inventou um truque pra fabricar brinquedos com palavras.
O truque era só vivar bocó.
Como dizer: eu pendurei um benteví no sol…
O que disse Bugrinha: Por dentro de nossa casa passava um rio inventado.
O que nosso avô falou: O olho do gafanhoto é sem princípios.
Mano Preto perguntava: Será que fizeram o beija- flor diminuído só para ele voar parado?
As distâncias somavam a gente para menos.
O pai campeava campeava.
A mãe fazia velas.
Meu irmão cangava sapos.
Bugrinha batia com uma vara no corpo do sapo e ele virava uma pedra.
Fazia de conta?
Ela era acrescentada de garças concluídas.

***

(Giorgio Sica)

Quante notti passate tremando
al sordo scoppio dei colpi di tosse
a stringerti il petto
fragile come una foglia
mentre ti sollevo sul cuscino, addormentato
e i tuoi occhi si aprono senza vedere
e io affondo il naso nel profumo
dei tuoi capelli, unico balsamo
alla mia insonnia.
Quante notti passate pregando
che il tuo minuscolo torace resista
a questa tempesta che ti sconquassa
da dentro, a questo demone malvagio
che non perdona la corsa e il sudore
che mi costringe a sgranare un rosario
di sensi di colpa, impotente e solo
col mio misero sciroppo di pino,
con il miele d’acacia di cui ormai
disconfido di ogni efficacia.

“Presto arriverà il giorno”, ti sussurro
all’orecchio e la luce del sole
spazzerà via ogni tormento.
Tu sembri sorridere, forse sai
che vorrei essere uno di quei supereroi
che indossi al mattino
e che tutto è soltanto un gioco,
la tosse l’insonnia la vita,
e mi lasci chiudere gli occhi
e fingere di dormire
al ritmo sincopato del tuo respiro
mentre conto gli istanti che mi separano
dal sorriso con cui inizierai il giorno.

***

(Manoel de Barros)

Non è per lodarmi
ma io non ho splendore.
Sono un referente per la ruggine
più che un referente per la folgore.
Lavoro arduamente per fare quello che è disnecessario.
Ciò che serve non ha conferma,
quel che non serve, ce l’ha.
Non sarò più un povero diavolo che soffre di nobiltà.
Solo le cose striscianti mi celestano.
Ho una mania per fannullare.
Le violette m’immensano.

*

Não é por me gavar
Mas eu não tenho esplendor.
Sou referente pra ferrugem
Mais do que referente pra fulgor.
Trabalho arduamente para fazer o que é desnecessário.
O que presta não tem confirmação,
o que não presta, tem.
Não serei mais um pobre diabo que sofre de nobrezas.
Só as coisas rasteiras me celestam.
Eu tenho cacoete pra vadio.
As violetas me imensam.

***

(Manoel de Barros)

Preferisco le macchine che servono per non funzionare:
quando piene di sabbia di formica e muschio – possono un giorno miracolare fiori.

(Gli oggetti senza funzione hanno un forte attaccamento all’abbandono.)

Anche le latrine disprezzate che servono per tenere grilli dentro – possono un giorno miracolare violette.

(Io sono beato di violette.)

Tutte le cose appropriate all’abbandono mi rilegano a Dio.
Signore, ho l’orgoglio dell’imprestabile!

(L’abbandono mi protegge.)

*

Prefiro as maquinas que servem para não funcionar:
quando cheias de areia de formiga e musgo – elas podem um dia milagrar de flores.

(Os objetos sem função tem muito apego pelo abandono.)

Também as latrinas desprezadas que servem para ter Grilos dentro — elas podem um dia milagrar violetas.

(Eu sou beato em violetas.)

Todas as coisas apropriadas ao abandono me religam A Deus.
Senhor, eu tenho orgulho do imprestável!

(O abandono me protege.)

Immagine: Shane Hope.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).