I testi qui tradotti provengono dall’ultimo libro di Marta Miranda, El lado oscuro del mundo (Bajo la Luna, 2015), tranne Il nulla, tratto da Nadadora (Bajo la Luna, 2008), e Rose, finora inedito. A cura di Francesco Tarquini.
Il nulla
Che farò con la paura
Che farò con la paura
A. Pizarnik
Guardo dalla finestra
rastrello l’orizzonte cercando
vita in questo paesaggio deserto
mi sembra di scorgere una pecora
ma no
è un cespuglio
non c’è
assolutamente nulla
Pura e fredda desolazione
un brutto tiro
come l’avessero destinato a me
questo paesaggio che contiene solo
il verde oscuro dei pini fluttuanti in lontananza
un cespuglio
e il vento
programmato per sempre
Sperduta nella casa in questa landa
un piatto sulla tavola
una sedia rovesciata
mi ricordano che qualcuno una volta
è stato vivo
Il rumore di una tastiera
passettini
minimi che risuonano
in quello che avrebbe potuto essere
un focolare
o un rogo
Fa freddo,
guardo dalla finestra e vedo
tutta la mia febbre
rispecchiata a rovescio
il ghiaccio che si spacca
simile alla pioggia
nel riflesso vedo
una donna che cerca
di accarezzare il tepore del paesaggio
*
Naufragio
Nell’oscurità
abbracciata a un corpo altrui
come a un tronco,
nel mezzo del naufragio
navigo la notte oscura
però è già l’alba
e ciò che è toccato dalla luce
si fa polvere
Torno all’opacità del giorno
senz’angelo né corpo
senza una parola attendo la notte
perché in essa
opero il miracolo
amarti di nuovo
trasformare il letto
in cielo puro
*
Il muro
La cicatrice dell’amore divide il corpo, un muro
enorme
a destra e a sinistra un baratro
ferita
fatta di ciò che dissi, che non dissi
di ciò che volli e non fu
quanto desideravo
del desiderio più estremo
desiderio di morte
Ferita nata dalla felicità
che precedette l’agonia
distanza e una voce
sempre più da lontano
una foto
così attaccata al mio petto che è
ora il mio petto stesso
Cicatrice che solca
dall’uno all’altro lato questo pianeta oscuro che io sono
Cicatrice
il coltello che ti fruga, la speranza
ancora
e sempre sempre sempre
*
Rose
Piego con cura la biancheria in camera da letto
scendo in cucina
regolo la temperatura del forno
esco in giardino a occuparmi delle rose
In salotto mi stai guardando dalla finestra aperta
mi dedichi un sorriso
che sembra disegnato da Dio
E’ quasi primavera, dico
e anche se siamo solo all’inizio di agosto
tu fai cenno di sì
perché né tu né io soliamo contraddire
la sceneggiata dei giorni
*
Colei che sta nuotando si avvicina alla sponda
si aggrappa al bordo per riposare
Si rilassano le sue gambe
alle mani unite appoggia la fronte
recupera il suo ritmo la respirazione
La nuotatrice però
è incitata a nuotare
e con mossa soave
antica come il mondo
raggiunge il centro dell’acqua
metà del corpo dentro
fuori
l’altra metà
simile a un tronco
galleggia in superficie
guarda il suo viso il cielo
ad occhi aperti
sogna la nuotatrice
acque ben più profonde
*
Ceneri
Le ceneri del vulcano
fecero sì che ogni cosa
si tramutasse in ombra
statua colossale
che lentamente si andava modellando
ad ogni respiro dalla bocca
Lo vedemmo in tv
tu ed io
allo stesso modo
e pur essendo lontana
a mille chilometri da lì
una nuvola fitta
entrò in casa
ricoprì la foto
del tuo viso accanto al mio
e là rimase
la cenere, il grigiore
il peso delle cose
ci soffocarono
fino a mutarci in ombra
Immagine: Egle’ Karpaviciute’.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).