Due voci. Inediti e traduzioni /2

da | Nov 30, 2018

La seconda puntata della rubrica Inediti e traduzioni ospita due traduzioni e due inediti di Tommaso Di Dio. Traduzioni da William Carlos Williams, La primavera e tutto il resto (1923), a cura di Tommaso Di Dio, in uscita per Effigie. Gli inediti, World Wide Whatsapp Crash, sono da “Ultima”, Novembre 2018.

William Carlos William

O lingua
che lecchi
la piaga che sopra è
il suo labbro inferiore

O ventre rovesciato

O appassionato cotone
appiccicato ad una massa
di ingarbugliato pelo

elisia bava
dalla bocca di lei
sopra
il ripiegato fazzoletto

io non posso morire

– gemette la vecchia
donna itterica
i suoi globi rovesciando
di croco

io non posso morire
io non posso morire

*

La rosa è obsoleta
ma ogni petalo termina con un
confine, la doppia faccia che
consolida le scavate
colonne d’aria – Il margine
incide senza incidere
combacia – nulla – rinnova
se stesso in metallo o porcellana

dove? Termina –

Ma se termina
l’inizio ricomincia così che
l’innesto delle rose diventi
una geometria –

più acuta, più netta, più tagliente
raffigurata nella maiolica –
il piatto rotto
con una rosa a smalto

Da qualche parte il senso
costruisce rose di rame
rose di acciaio –

La rosa trasportò il peso dell’amore
ma l’amore è al termine – delle rose

se è al margine del
petalo che l’amore attende

preciso, lavorato per sconfiggere
l’artificio – fragile
liscio, umido, appena sollevato
freddo, preciso, toccante

Cosa è

Il luogo fra il margine del
petalo e il

Dal margine del petalo una linea parte
metallica
infinitamente fine, infinitamente
rigida penetra
la Via Lattea
senza contatto – sollevandosi
da lì – non è sospesa
né preme –

La fragilità del fiore
intatto
penetra lo spazio.

*

Tommaso Di Dio

Si è alzato il vento.
Questa notte, domani. Sembra che presto
verrà una tempesta; e la pioggia
sulle strade, sull’asfalto, sotto i palazzi. E invece no
tutto si arresta. Ogni vetro è una riga
dove la scena crolla; dove la matita
dove la carta
si fa altrove in un altro universo onda
che nella marea s’inginocchia
e sporge
le labbra alla luna.

*

Negli orti
ai limiti della città; o vicino ai fossi
dove scorre l’acqua più lenta. Oppure adesso
nell’immagine di me riflessa in me
sui vetri sporchi del vagone
che avanza e traballa. Oppure nella caccia
dal mio al tuo
picco meridiano, dove sei

perduta sempre, sempre
vado a cercarti. E con la lingua spingo.
Travalico. Trapasso metri
tic tac, tessuti testi, volti e crateri.
Sei finestrino e sguardo
che avanza e traballa; sei ruga
nelle mani crampo
oppure scommessa perduta
e bestemmia a voce alta alla SNAI. Circoscrive
un’area vasta il vagone; oltre la periferia
la linea gira in tondo, s’allarga

non si chiude
sul tuo volto mai.

Immagine: Giulio Zanet, Abbraccio, 2013.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).