Desiderio

da | Feb 20, 2018

Da poco uscito per le edizioni Tlon Desiderio di Frank Bidart, nella traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan. Pubblichiamo la poesia Come l’occhio al sole e il poemetto Il ritorno.

COME L’OCCHIO AL SOLE

Per Plotino ciò che cerchiamo è VISIONE, ciò che
si desta quando ci destiamo al desiderio

come l’occhio al sole

È proprio come se ti innamorassi di
uno dei passeri che ci sfiorano in volo

quando ci destiamo al desiderio

Ma una volta che hai visto una mano mozzata, o
un piede, o una testa, ti sei imbarcato, hai iniziato

come l’occhio al sole

Il viaggio, tale è il tutto, non sei giunto a
riva, ma bambini con i loro giochi e

quando ci destiamo al desiderio

Poveri spiriti che trasportano qui e là i corpi dei morti
perché i corpi cedono ma lo spirito non cede

come l’occhio al sole

Tu sai che ogni strumento, anche, recipiente, mero
martello, se fa ciò per cui è stato fatto

quando ci destiamo al desiderio

È bene, eppure chi l’ha fatto non è lì, è morto:
così, inevitato, uno, non uno, al NIENTE chiedi

come l’occhio al sole

Che io possa essere fatto recipiente di ciò che
deve essere fatto

quando ci destiamo al desiderio

Certo che ciò cui sei giunto non è la riva tu
scomparirai in ciò che ti ha prodotto

come l’occhio al sole

•••

IL RITORNO

Mentre i Bructeri in ritirata cominciavano a bruciare i [propri
possedimenti, per negare ai Romani qualsiasi sostentamento [tranne
la cenere,

………una colonna di incursori inviata da Germanico
comandata da Lucio Stertinio

li mise in rotta;
……e lì, scovata tra il bottino di guerra e i morti,

c’era l’Aquila della diciannovesima
legione, persa con Varo.

I Romani allora
inflissero alla terra dei Bructeri – a ogni cosa si trovasse
tra il fiume Ems e il fiume Lippe,
il confine estremo del loro territorio, –
…………………….devastazione;
finché infine non giunsero

alla Selva di Teutoburgo,

…………..nella cui oscurità

Varo e i resti dei suoi quindicimila,
si dice, giacevano insepolti.

In Germanico allora sorse il desiderio
di onorare con esequie i guerrieri insepolti il cui

massacro a suo tempo aveva colmato Augusto stesso di [rabbia e
vergogna, –
……..di speranza o terrore ogni recesso dell’Impero, –

mentre anche l’ultimo dei fanti, di fronte al territorio
alieno, venne sopraffatto dalla pietà nel

pensare a famiglia, amici, agli improvvisi
rovesci della battaglia, al comune destino umano.

Prima Cecina e i suoi
entrarono, –
…….con l’ordine di perlustrare i passi

lugubri e infidi, di cercare di costruire ponti e
passaggi rialzati sugli acquitrini diseguali e fradici, –

poi il resto dell’esercito, testimone di scene
laceranti alla vista e al ricordo della vista.

Il primo campo di Varo, con la sua ampia distesa e l’uso
in misura generosa dell’ordinato spazio,
attestava le calme occupazioni di tre legioni; –

poi un mezzo muro sgretolato e una trincea poco profonda
indicavano dove un disperato drappello superstite era
stato spinto a prendere riparo; –

…………in campo aperto tra di loro
c’erano ossa sbiancate, esenti
da putrefazione, –
…….sparse dove gli uomini erano stati abbattuti

in fuga, ammucchiate

dove avevano resistito prima del massacro.

Frammenti di lancia e membra di cavallo giacevano
avviluppati, e crani

………..umani erano inchiodati

per sfregio ai tronchi d’albero.

Boschi vicini celavano gli altari
sui quali i feroci Germanici
avevano sacrificato i tribuni e i centurioni.

I sopravvissuti alla catastrofe adagio iniziarono, infine,
a parlare, –
…..il pugno di scampati a morte o schiavitù

raccontò ai commilitoni dove i generali
erano caduti, come le Aquile e gli stendardi erano stati [catturati; –

uno indicò dove Varo aveva sofferto la prima ferita, e
un altro dove egli era morto di sua propria triste mano; –

quelli gettati in fosse nude avevano visto
forche sopra di loro,
…………….e il palco da cui Arminio

come in delirio aveva arringato
le truppe vittoriose, –

collera e rancore così fusi alla sua
felicità, che i prigionieri pensarono che presto sarebbero [stati massacrati, –

finché la dissacrazione delle Aquile non placò
o esaurì la sua tracotanza.

Così, sei anni dopo il massacro,
un esercito Romano vivo era tornato
a seppellire le ossa dei morti di tre intere legioni, –

nessuno sapeva se i resti che aveva
raccolto, toccati forse in affidamento alla terra, fossero
di un estraneo o di un amico: –
…………………..tutti ritenevano tutti

compagni e

fratelli di sangue; ognuno, nel comune montare

di rabbia verso il nemico, si affliggeva e odiava insieme.

Quando gli eventi vennero riferiti a Roma

i Cinici sussurrarono che così l’astuto Stato
ci asservisce ai suoi fallimenti e al suo fato. –

Gli Epicurei videro nello spettrale putiferio
un simbolo della natura del Desiderio. –

Gli Stoici replicarono che la vita è Guerra, e l’ILLUSIONE
la fonte, la meta, il fine d’ogni umana azione.

Alla consacrazione del tumulo
funebre, Germanico gettò il primo pugno di terra, –

in tal modo onorando i morti e scegliendo di dimostrare
in prima persona
l’accorata partecipazione al cordoglio generale.

In tal modo si guadagnò la disapprovazione di Tiberio, –

forse perché l’imperatore interpretava
sfavorevolmente ogni atto di Germanico; o forse aveva [ritenuto

che lo spettacolo dei morti insepolti
dovesse infondere all’esercito minore alacrità in battaglia e
maggior rispetto per il nemico –
……………………….mentre un comandante membro

dell’antica setta degli Auguri
si contamina maneggiando
oggetti appartenuti ai morti.

……………….in campo aperto
ossa sbiancate sparse dove gli uomini erano stati abbattuti

in fuga

………ammucchiate

dove avevano resistito

l’ampia distesa del primo accampamento

di Varo

……..in campo aperto

il mezzo muro
sgretolato e la trincea poco profonda

……..in campo aperto tra di loro

ossa sbiancate sparse dove gli uomini erano stati abbattuti
in fuga

……..ammucchiate

dove avevano resistito

Sono tornato qui mille volte,
anche se la storia non sa indicarci il luogo esatto.

Arminio, incessantemente braccato da
Germanico, si ritirò in territori non cartografati.

(Da Tacito, Annales, I, 60-63)

Immagine: James Casebere, Senza titolo, 2014.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).