Contrappasso

da | Mar 3, 2017

Cinque poesie.

La rubrica

Con i clienti sei bravo. Tra le tue dita
come amuleti scorrono persone e cose. Ti piace
esercitare il governo degli umani (condurli
ai grandi pascoli penetrando
in verticale – dentro quel loro cuore piccolo imperfetto).
Ti sei lasciato allevare per questo progetto.
Hai posto le domande giuste; hai imparato
qual è il valore diseguale
del prendere e del dare.

Quest’anno, dici, ho guadagnato settecento libbre d’oro.
Ho creato dal nulla un mercato. Sentire
bisogna soltanto dove tira il corpo; innescare lo scambio.
(Sugli yacht ancorati al largo del Tirreno
a quest’ora si compongono orge strepitose.)
Pensare bisogna come gli oligarchi.
Attraversare la nebbia a bordo delle loro mani.
(Contadini depositi sultani.
Troiette noleggiate per mezz’ora.)

Il tuo dio t’ha sconsacrato casa e moglie,
eppure succhi una minestra dolce, il fresco delle piante.
Sai che la vita
te la misurano addosso, sul novero
contatti della tua rubrica. Ma sai
che non c’è niente dietro il vetro; che l’invidia
è un sentimento sottovalutato

*

Le rose artificiali

I.

Ma come ridono bagnate dalla chimica
queste giovani gole che una bava
fredda tocca, uguali:
rose di carne e rose artificiali;
contro l’altra l’una – e spina contro spina.

II.

I cento coltelli di Bach, le cento
lame – e come glieli spieghi alla biondina del Trinity
incollata dentro la sua seta, dentro i suoi
anni giovani. Le puntine, le spine,
queste macerie in fondo alla coscienza.

E no. La vita, dicono, ha bisogno
di altri meccanismi, altre manovre
(come quando una gioia ti colpisce
in bocca, ma sai di avere sbagliato).

Non c’è nulla che la biondina del Trinity non sappia. Con [istinto
di forbici, con occhi assurdi,
mentre ti tende il prossimo tranello – e sottile a ripetere
che noi non esistiamo.

*

Contrappasso

Ti tocchi la gola, dici Non si fa:
non si lasciano segni addosso a una signora
che deve rincasare – fossero pure
segni d’amore.
E ti stropicci il punto, guardi altrove; cerchi
negli oggetti che hai attorno una tua
ridicola assoluzione:
la sigaretta, ad esempio, che hai acceso
per procurarti l’ustione.

*

Appunti di storia

Ponete mente alle gole sfiorate dai rasoi.
Giovani gole tese sotto l’acqua, contro il buio
e quello che sta per accadere.
Ponete mente alle vene aperte, a quelle
pozze tiepide sopra i davanzali. Scostate
dagli occhi i sogni guasti:
due luoghi limpidi della realtà. Questa
è la storia che non perdona.
Considerate l’inclinazione del paesaggio
invernale; le spine oblique
disposte a ornamento del vero. Il guinzaglio
con cui tenete stretta al fianco la paura.

*

Men at work

Qui sorgerà la nuova cattedrale.
Un parallelepipedo di specchi incastonati dentro il marmo.
Quattro piani di parcheggio sottoterra.
Ascensori, scale; e teche dove esporre
i desideri e il loro esatto contrario.

Ogni giorno movimentano tonnellate di materia.
Hanno scavato un altro metro di terreno. Hanno trovato
una bambina, i resti di un tempietto. (Le donne qui
venivano a pregare per i loro legionari
mandati ai confini dell’Impero.)

Sotto c’è una necropoli,
una trafila di neon; morti senza polpa.
Hanno trovato dei gettoni rotti dentro un coccio; ettolitri
di sangue prosciugato.
La dissepolta ora ci guarda furiosa. Chi evoca chi?
Chi rappresenta cosa?

Ai confini del lotto, un funzionario e due ingegneri
camminano in giacca; in controluce con l’elmetto.

Immagine: Gerard Byrne, ITN10904 (*see description), 2012.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).