Confini in comune (Poesia translingue /1)

da | Mag 10, 2021

A cura di Alice Loda

Barbara Pumhösel è nata in Austria. Nel 1988, dopo essersi laureata in Lingue e letterature straniere presso l’Università di Vienna, si è trasferita in Italia, dove attualmente risiede. Pumhösel è un’autrice translingue. Nella sua opera – che spazia dalla letteratura per l’infanzia alla poesia – utilizza sia l’italiano che il tedesco. Le due lingue, insieme al dialetto delle Prealpi austriache di cui l’autrice è originaria, generano produzioni poetiche sostanzialmente parallele ma che si mantengono in costante e produttivo dialogo, con intersezioni testuali e linguistiche che emergono in filigrana nei testi. Come sottolineato dall’autrice stessa in numerosi interventi, il cambio di lingua che deriva dal trasferimento in Italia intensifica in lei e nei suoi versi la riflessione sul linguaggio e in particolare sulle sue componenti sensuali e materiche. La lingua, guardata, sentita, toccata attraverso il prisma della distanza, diviene così uno strumento fisico di contatto con il mondo, facilita l’emersione di contatti più che umani e favorisce l’affermazione di una visione fortemente anti-antropocentrica. La forma dei testi di Pumhösel è spesso tesa a catturare spazi di trasformazione: zone di sorellanza e sovrapposizione tra umano e non-umano, poesia e corpo, attraversamenti, movimenti sinestetici, tragitti. La selezione che segue è tratta dalle tre raccolte in italiano prugni (Isernia: Cosmo Iannone, 2008), in transitu (Osimo: Arcipelago Itaca, 2016) e Un confine in comune, in uscita proprio in questi giorni presso l’editore Ensemble di Roma. 

 

 

da prugni (Isernia: Cosmo Iannone, 2008)

 

(costrizione)

Di mattina sono stanca. Ho scavato

tutta la notte: una tana con cunicoli verso

i dormitori a più di un metro di profondità.

Quando sto per acciambellarmi e coprirmi

con la coda, l’odore di terra svanisce e io so

che devo aprire gli occhi e smettere

di essere volpe.

 

 

sotto la pergola un ramo

ha puntato una sua foglia

rossa sangue a cinque punte

contro la mia gola

 

mentre

 

alzandomi stavo per pensare

le solite cose

sulle foglie che muoiono

 

 

Ursprung

 

alcune frasi in Jiddish

ascoltate quasi per caso

mi riportano indietro

in un ripido bosco di abeti

mi tengo dì nuovo aggrappata

alle radici nella neve

e avanzo gattoni

alla ricerca dell’elleboro

ho mani fredde e perso un guanto

e la voce della vecchia tata

al primo fiore trovato

riecheggia

nelle parole di oggi

 

il dialetto – talvolta –

è più generoso della lingua

accoglie



 

da in transitu (Osimo: Arcipelago Itaca, 2016)

 

(meteorografie)

 

Fino all’imbrunire

con polpastrelli ghiaccioli

ho continuato a tracciare

orme di scoiattolo

sulla neve

della memoria

quando all’improvviso

ho sentito annunciare

perturbazioni, venti caldi

e pioggia. Ma per ora –

e per fortuna – piove

soltanto fuori.

 

 

(still life)

 

sulla tela

di una natura morta

ho trovato

un’alzavola ancora viva

con lo specchio delle ali

intatto e adagio e attenta

l’ho portata

in salvo verso un’altra

lingua



da Un confine in comune (Roma: Ensemble, 2021)

 

(ricordo blu)

 

qualcuno deve aver mescolato

del blu cobalto fra le nevi sul campo

lo ha distribuito in modo equo

uniforme

     i cristalli ghiacciati ora 

disperdono la luce e lo spettro solare 

si trasforma in fantasma notturno

era freddo prima

     sono arrivata tardi 

ma il gelo aspetta paziente  

per annidarsi 

nella parte dolente del colore

 

*

(sunday morning)

 

tolto il bendaggio

rimossi i punti

mi avvicino

alla cicatrice nuova

con le punte delle dita

la osservo la contemplo

la studio senza sfiorarla

e poi la trascrivo

 

*

 

devi chiudere gli occhi 

così i pianeti si avvicinano 

creano disegni che brillano 

non più disastri la luce è dentro 

di noi – dicono – mentre tu pensi 

al buio come cornice

a una miniera dove 

la fiammella sta ad indicare

ciò che resta dell’ossigeno