«CON OCCHI AZZURRO-KEROSENE». CINQUE POESIE DI OCEAN VUONG

da | Feb 1, 2023

Un’anteprima da “Il tempo è una madre”, traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan, Guanda, 2023. Selezione a cura di Dario Bertini.

 

IL TORO

Stava da solo nel giardino sul retro, così scuro
che la notte si è fatta viola attorno a lui.
Non avevo scelta. Ho aperto la porta
e sono uscito. Vento
tra i rami. Mi scrutava con occhi azzurro-
kerosene. Cosa vuoi? Ho chiesto, scordando che non
avevo linguaggio. Continuava a respirare,
per restare vivo. Io ero un ragazzo –
il che vuol dire che ero l’assassino
della mia infanzia. come per tutti gli assassini, il mio dio
era l’immobilità. Il mio dio, era ancora
là. Come una cosa pregata
da un uomo senza bocca. La lampada verde-azzurra
vorticava nel portalampada. Non
volevo. Non volevo che
fosse bello – ma avevo bisogno che la bellezza
fosse più che dolore mansueto
abbastanza da poterlo abbracciare, io
allungai la mano cercandolo. Arrivai – non al toro –
ma agli abissi. Non una risposta ma
un varco di entrata in forma di
animale. Come me.

 

TEORIA DELLA NEVE

È il miglior giorno di sempre
Non uccido niente dal 2006
L’oscurità là fuori, bagnata come un neonato
Ho fatto l’orecchia al libro & subito
Ho pensato alla masturbazione
In che altro modo torniamo a noi stessi se non piegando
La pagina in modo che indichi un bel passaggio
Un altro paese che brucia in tv
Ciò che possederemo per sempre è qualcosa che abbiamo perso
Nella neve, la silhouette secca di mia madre
Promettimi che non svanirai di nuovo, ho detto
Lei è rimasta là sdraiata per un po’, ripensando
A una a una alle case ha spento tutte le luci
Io mi sdraio sulla sua silhouette, per mantenerla vera
Insieme abbiamo fatto un angelo
Sembrava una cosa che veniva distrutta in una tormenta
Non ho ucciso niente da allora

 

OLD GLORY

Falli fuori, ragazzone. All’assalto
a mitra roventi, amico. Che
spettacolo. No, vittoria schiacciante. No,
un massacro. Carneficina totale. Gli abbiamo
aperto un buco nuovo. Mio figlio è una bestia. Uno sciupa-
femmine. Un cecchino, l’ha impregnata
micamale. Una bomba di bionda. Li spazzerai
via. Scopiamoci la tipa. Facciamoci il frocio
allo spiedo. Inculiamolo fin nel cervello.
Quella ragazza è una granata. Era come il Viet
Nam la sua fica. Ma glielo metterei dentro lo stesso. Gliela
spappolo. Rido come un matto. Mi spancio. Davvero
mi hai ammazzato. Mi hai fatto morire.
Fratè’, sul serio però, sono morto.

 

L’ULTIMO DINOSAURO

Quando mi chiedono come ci si sente, rispondo
immaginatevi di essere nati in una casa di riposo
in fiamme. Mentre i miei parenti fondevano, io me ne stavo
su una gamba, alzavo le braccia, chiudevo gli occhi & pensavo:
albero albero albero mentre la morte passava oltre –
lasciandomi illeso.
Non sapevo che dio aveva visto in noi una vana
scalata al paradiso. Non sapevo che i miei occhi avevano tre
sfumature di bianco ma solo un’unica immagine
di mia madre. È in piedi sotto una sequoia
vecchissima, triste che il tempo che ha sulla terra sia tutto
ciò che possiede. O essere umano, non ce l’ho con te perché hai
vinto
ma perché non ha mai voluto di più. Imperatore
del linguaggio, perché non hai governato il No
senza dimenticare il Sì? Certo, possiamo
fare sesso se vuoi, ma ti avverto –
roba forte. A volte penso che la gravità
fosse tipo: A voler essere brutalmente onesti… & poi
non smettere mai di parlare. Credo di voler dire che
ho mangiato la mela non perché l’uomo ha mentito
quando ha detto che ero nato da una sua costola
ma che volevo riempirmi della sua fame
per la terra, dove le ossa della mia gente
ancora sognano di me. Scommetto che la luce su questa pagina
non è stata ancora inventata. Scommetto che non avreste mai
pensato
che il mio culo un tempo fosse la massima attrazione
in un piccolo paese. Che il triceratopo andasse fuori di testa
quando ballavo. Che una volta, dopo settimane
di siccità, io abbia attraversato a piedi la risata di mio fratello
solo per sentire la pioggia. O viandante squassato dal vento,
vedova della speranza
& degli ah-ah. O sorella, seme lasciato cadere – aiutami –
io ero stato fatto per morire ma eccomi, io permango.

 

KÜNSTLERROMAN

Il dolce in tavola, l’aria che ritorna alle labbra imbronciate del
ragazzo mentre le sette candeline, una a una, cominciano ad
accendersi, e il desiderio gli ritorna nella testa dove diviene più
vero non essendo mai stato sfiorato dal linguaggio.

Comincio a fare il tifo per lui, che è avviato alla polvere.