Cinque poesie

da | Feb 16, 2018

Cinque poesie inedite.

L’energia della noia, di ciò che – musica conversazione atmosfera amata – recide ogni immedesimazione, di tutto quel tempo sprecato aspettando che passi, possiamo cominciare a
vederla, concentrarla
come un tizio qualunque seduto in una città
guarda e nemmeno si illude di reggere guardando
non è nessuno ma è qualcosa, un fantasma
che distribuisce spazio, una ripetizione
giornaliera (nei suoi sogni
c’è sempre una forma che si scioglie
vene in sangue, passi in oceano, terra in cielo
ma lui tiene, non vende luoghi morti) –
pensa alla sete estinta, al nessun sapore in bocca,
a reticoli depurati da fantasie
sulle sue dita che si muovono e si stringono,
non assorbe la strada e, prima di alzarsi,
si sente un organismo volatile
e ben congegnato
per lo più costituito da acqua.

Ho pensato di scrivere sul disprezzo del mondo.

*

a T.

I
Piuma, nessuna importanza
ti ha adagiato in questo luogo
un crocevia di errori modesti,
una donna, bella, e una
certa inclinazione della luce.
Tutto può essere spazzato via
è quello che hai capito esaminando
ogni strada, l’assenza di una condanna,
e quando la stringi vorresti dirle:
sei fuori da qualsiasi mio dovere.

II
Poi il tempo, il tempo inizia
a dare il suo peso, e quello
che capisci costruendo è che tutto
era fuori dalla tua volontà
e nella sua estrema debolezza
ti chiedeva un destino da cominciare:
per i tuoi errori definitivi, una certa
parete illuminata, e la donna
che ancora stringi perché questo
luogo tagli col caos e sia una casa.

*

Vede una signora che attraversa la strada,
è lei, ma lei non è nessuno e allora
perde tutti i desideri e le voragini
e torna a sé trasparente, forte,
corpo perfetto nel paesaggio,
come per un minuto in una città
nuova, in una via nuova, vediamo
una signora di lì sicuramente
che senza pensare cammina e cammina.

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

Troppo in là. Vivi una gioia patologica
oltre lei e te, succhi la sua
leggerezza per creare tutto:
una primavera urbana, tanto tempo
e migliaia di donne. Senti che dio tornerebbe
solo per irriderti…

*

Con me dovete avere pazienza: sono uno nelle moltitudini cresciute davanti al mare d’occidente: giocoforza ho finito per pensare che ogni cosa, prima di sparire, almeno l’attimo prima di sparire, nel vivo morto della crisi, sia solo un punto. La luce si chiude e c’è qualcos’altro, di solito un lento crepuscolo pieno di elegia per se stesso.
Nell’istante ultimo ricevo immagini che non so se siano macerie, fondamenta, ma mi basta. Il sogno non può essere altro che colpire e andarmene subito prima che arrivino le formiche e zecche a pulire, a levigare fino alla fine il più bel disastro che avevo creato.
Tutto questo era prima di lunedì, di martedì.
Il secondo giorno di scuola la maestra ha spiegato: che fuori dai cartoni animati il colpo mortale non esiste, solo colpi più o meno spettacolari e, soprattutto, modi diversi di portarli in giro; che le gite ci avrebbero fatto conoscere la città se in crescita o in rovina.
Un po’ alla volta smettevo di comprimere evoluzioni millenarie in un evento kitsch come la campanella o una prova; imparavo a non vivere per simboli. Dopo ancora capivo di stare tra quelli che credono chissà cosa perché ogni tot si concentrano o sbattono in uno spigolo – ma di trovare la luce in un lampo sono capaci tutti: è come andare in vacanza. Poi il lunedì e il martedì… sono ridicoli.
La maestra ha voluto che la gioia superasse i crepuscoli, che fossi in vacanza a scuola a scuola in vacanza: durare un altro secondo, poi spegnermi, se posso. Da ora e non per sempre sarò la fine drastica e – c’è – quel secondo in più.

*

LA DOPPIA SPIRALE

Daremo loro informazioni e parole
li osserveremo
Stiamo prendendo forma
e presto potremo permettercela
tutta la cattiveria

Eravamo sfiniti, peggio che fantasmi, ma presto
sarà come se non avessimo avuto mai un’adolescenza
come se non avessimo mai perso niente
potremo essere giusti
(come i bambini che imparano
a mettere il mondo al passato, a obbedire
a regole sapendo che le hanno create loro)

La nostra promessa d’amore
vi inchioda a un dominio sul tempo,
troppo grande per voi, da sempre
troppo intero…
Vi saremo da lezione
imparerete gli schiavi senza crederci
soffrirete tutto alla fine e

l’intelligenza sia all’altezza della sopportazione

Vi daremo informazioni e parole
vi uccideremo per quello che ne avrete fatto

Immagine: John Akomfrah, Psyche, 2012.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).