Brucia la cenere

da | Dic 12, 2017

Alcune poesie da Brucia la cenere di Luca Cristiamo (Prospero Editore, 2017).

conosco già questo abbandono questo
filo di ferro di brina di ruggine di tendine piegato
stelo d’erba che sostiene il giorno
traccia bianca di sconforto impigliata tra le spine
d’ovatta di cloro di luce un po’ azzurra perdona
i miei occhi incendiati perdona
i miei occhi incendiati
gli alberi, ai lati della teverina,
rovesciano da secoli un pianto di fiamma
verso il sole se guardi
se guardi bene per molte decine di anni
vedrai che il legno non cresce affatto
brucia è una fiamma ritorta che si moltiplica
dopo ogni divisione se osservi il millennio
che crolla le mezze spirali dei rami l’incendio
avviene il legno non cresce affatto è piuttosto
fuoco che schiocca bloccato che arde si accumula
arde che arde e si svolge
troppo lentamente

*

bianche basi delle ali lampeggiano
bianche basi delle ali
lampeggiano
hai visto sembrava
ritagliare lampi di lenzuola
fuori dal vetro
hai visto le bianche basi
delle ali
curvare le estensioni incantate
del mio sguardo?

quando ho spinto la tua testa
dentro il vano della vasca
piena di escrescenze muschiose
e quando ho spinto la tua testa
sulle bianche basi delle ali
e
quando

anche allora

la luce ha sempre avuto
modi e ragioni ha sempre avuto
gocce e animali in cui volare la notte
di fianco alle automobili
per far danzare i suoi strappi e
torsioni lunari dove avevi creduto
di poter vedere soltanto il nero
ondulato delle superfici in questa
e nelle notti che il tempo ti svolge
dalla curva dei fianchi

il nero del nastro che tira
ti ha messo dentro l’apnea
ricorsiva e senza suono
della risata
e della rotazione

la bocca piena di ossa per tagliare
le spazzoli reggi
una ciotola siamo
entrambi pieni di qualcosa che ci esclude
il pettine gracile di spine
mostra
spazi tutti uguali percorre
l’allungo tentato dai ricordi
che vorrebbero essere
materia sostieni
una ciotola è gonfia
di schiume siamo
entrambi più grossi
del luogo in cui ci stiamo perdendo

*

brucia gli avanzi e le decorazioni
disponiti all’oblio
brucia tutto quello che indossavi
tagliati le unghie
brucia anche quelle
magari anche la punta delle dita
e quando avrai finito di bruciare
tutto
brucia la cenere
le ciglia con cui hai guardato la fiamma
la terra che hai annerito

non è detto che funzioni
ma questo puoi fare
e nient’altro
perché la prossima volta
non ti sembri
di esserci
già
stato

*

il sesso di uno dentro
il sesso dell’altra
dentro il sonno di entrambi
hai visto la mia amica
belle cosce la tua amica
bella anche la schiena
amiamo questo essere
e raccontiamogli tutto di noi
per distrazione e grazia
per abbandono per
intenzione
quando sarà steso sul nostro pavimento
una mano nel corpo fino al polso
affonda perché si senta il mare
che infuria intorno alla zattera di galilee
e galilee che ne ha abbastanza del racconto
tutte le signore geary stanno distese
con la gonna alzata sopra i fianchi
all’essere che amiamo
diremo della nostra amica
bella la tua amica belle le gambe le caviglie
gli zigomi persino un cavo intorno al collo?
sì, un cavo, un cavo non le dispiacerebbe
il sesso di uno dentro il risveglio dell’altra
fuga dalla festa per spogliarti nel vicolo
il proiettile dieci metri cubi d’aria
sulla capocchia di uno spillo ed esplode
in un’ampia risata tonante
l’alzo
zero
della tua bocca!

*

stoffa rossa per pantaloncini rossi per lampo rosso
ciò che vedo è
il rimasuglio della vista oppure
cadavere vuoto di luce spostata massiccio impatto chiusi le [braccia alla donna
la donna piegava la testa
stoffa rossa per manto rosso per
lampo
rosso chiusi le braccia alla donna
la donna piegava
la testa rimane l’inciampo a venire
rosso
profilo del lampo nel crollo
sei un cerchio di luce il tuo occhio
tagliato nel verso che corre
dal rosso per strada alla donna
distratta piegava la testa è
rosso nel verso che corre distanza
tra due turbamenti conforme
al tuo primo principio restato
nel taglio che resta era solo
stoffa rossa per mano di breve durata una spinta
conserva nel vuoto la gloria dei tredici anni
conforme all’accatto il rumore
mitraglia del tacco
tagliata
più in alto lunghezza dei sensi
estesa all’incrocio di seta
bevuta di cloro rimase
nel rosso di stoffa un sospiro
piegata la testa la donna
concede qualcosa
e non vede
esitando riempii la tua corsa
tessuto di carne
già rossa

*

le ragazze senza seno ripetono l’esercizio sulle parallele
schiena rotta linee ossee perpendicolari
rotazione slancio perfetta cecità della caduta
della fine del mondo che sta in ogni crollo
quando il peso del corpo rilancia
il peso del corpo nessuna corruzione niente
deperisce i metalli non arrugginiscono mentre nadia
comaneci gira su stessa il ghiaccio non fonde
l’acqua non si sporca quando micheal jordan
sposta la palla dalla mano destra alla sinistra
dalla sinistra di nuovo alla destra mentre vola
impazzisce elegante come la vetta più alta
della fiamma il bosco brucia le ragazze
senza seno ripetono il volo bloccano
la freccia ignobile del tempo noi
invece finiamo tra i colpi di mortaio
sui ponti nei corridoi per le lunghe strade
senza curve e negli incroci finiamo
tra i colpi di mortaio perché esplodono
come nacchere infernali
le caviglie rovinate dei passanti

*

la lunghezza delle dita misura
quanto ti è concesso quanto ti è concesso
è quanto ti è concesso stare al mondo
no no volevo dire forse
la lunghezza delle braccia e dei passi
questo è quanto ti è concesso è quanto
ti è concesso
proporzione abisso metrico
la lunghezza delle tue ciglia
misura
quanto ti è concesso avevamo intelligenze
belle e giovani fiamme di intuizione prostrati
gli enormi scarafaggi occhialuti
osservavano la nostra morte bruciare
alzavamo immonde lucenti impressioni di vuoto
tanto il sangue ci avanzava sempre a fine giornata
ecco forse ora diresti che
l’estensione dello schizzo di sangue è quanto ti è concesso
quanto ti è concesso copre
lo spazio del tuo diritto quanto ti è concesso
stare al mondo sta nell’entusiasmo dell’arteria che si [squarcia
nel fiore di seme che balena quando le donne ridacchiano al [buio
il cardo di luce ticchetta se
chiudi il tuo occhio sull’acqua ofelia dimenati in sogno conduci
più avanti
il tuo fiume

*

perché io e voi
il pulviscolo che combatte nella lama di luce
il ragazzo che non torna
questa stanza
e cose che non conosciamo
diventino le parole che escono dalle dita della ragazza
serve molto silenzio
solitudine siderale
occhi che vedano non visti per mesi
potrei arrischiare un dito
fino alla sua pelle che dorme
o addirittura tutto il mio corpo
in un abbraccio che sia ancora una volta
un disastro in attesa di verificarsi
molte volte ho versato ciò che potevo
e tutto quello che sono riuscito a essere
nella forma intravista e presentita
di chi avevo vicino
ma ora no
perché io e voi
il pulviscolo che combatte nella lama di luce
il ragazzo che non torna
questa stanza
e cose che non conosciamo
devono essere attraversati da molto tempo
perché diventino le parole
che escono dalle dita della ragazza
così passano giorni interi
come astuti ricami di rovi
e passano come migrazioni
i lembi secolari del tuo silenzio
le stoffe soffocanti dei mesi
in cui si è taciuto di te
del tuo rifiuto
della tua attesa
se la stanza si scalda troppo
aprirò la finestra che ho chiuso

Immagine: Laure Prouvost, On Our Way, 2016.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).