Brodskij

da | Ott 15, 2021

Questo poemetto è tratto da “Il materiale fragile” di Alessandro Agostinelli (peQuod, 2021).

 

brodkskij

lo diceva josif brodskij
in una sua conferenza
che questa stanza, proprio questa
– diceva lui –
non è sempre così, così
come la vediamo ora noi;
questa stanza è riempita
per lo più di silenzio
nell’arco delle 24 ore,
io dico che anche per questo
si deve avere rispetto
dignità!, dico rispetto
per il suo silenzio
e se ancora questa stanza
ha una sua disposizione
che può apparire naturale
non si deve stravolgere
troppo.

lo scriveva josif brodskij
che ha vinto il nobel
come tanti l’hanno vinto
e tuttavia sono più quelli
che non lo hanno vinto,
e che comunque hanno scritto
e suonato con le parole,
con le loro serpentine di parole,
magie bicchieri favole
e le altezze delle donne
il loro sguardo
di gioie freschezze
giorni di festa,
e il mare di notte
che è nero, perché
è nero come il mare
che mugghia e poi
spuma bianco e
resta nero a largo
di notte che l’orizzonte
si stempera nel buio
del mare-cielo
tutt’uno divino e santo,
e si diceva del nobel
di brodskij e che
scriveva qualcosa che poi
alla fine ha a che fare col mare
perché introduce un vero
essere del mare
di un mare caldo e forte
come quello di derek walcott
mezzo rosso e mezzo nero
come quel mare là, insomma
il suo mare nero
ma anche mezzo rosso.

e lo scriveva josif brodskij
per la mappa del nuovo
mondo di derek
che le civiltà sono qualcosa
di finito, e nella vita di ognuna
viene il tempo in cui il centro
non tiene più, e allora,
quello che le salva,
che salva queste civiltà in declino
(come questa nostra)
questi imperi sottosopra,
quel che le salva dalla disintegrazione
non sono gli eserciti e le legioni,
ma la forza della lingua,
fu così per roma
e per la grecia dell’ellenismo
– voi lo sapete –
e poi alessandro magno…

in questi momenti
lo scriveva josif brodskij
il compito di tenere
di reggere il declino spetta
agli uomini delle province.
la periferia dell’impero
non è il luogo in cui
finisce il mondo, ma
è il luogo dove il mondo canta,
perché alla fine si canta.

e quando josif brodskij
scrive così – e anche fra pochi secondi
che ve ne racconto un’altra delle sue –
lo so perché ha vinto il nobel.

e lo scriveva josif brodskij
che le vere biografie dei poeti
sono come quelle degli uccelli,
i dati vanno ricercati
nei suoni che emettono;
e allora voglio cantare anch’io
e sproloquiare qui davanti a voi
che bevete tranquilli
nelle vostre tiepide case
e che trovate tornando a sera
un cibo caldo e visi amici,
ditemi chi sono io che il mezzo
del cammin di nostra vita
è ciò che non siamo
come cocci aguzzi di bottiglia
che il guardo esclude e poi
pum pum
quell’albero secco lassù
e la forza dell’intelligenza
di josif brodskij e di voi
che state seguendo questo sintomatico
armonico ossimorico
rap serenata al sapore di sale
sapore di mare che roma
non fa la stupida stasera
che azzurro il pomeriggio
e stato troppo azzurro e lungo
per elisa quando margherita
non c’era sulla locomotiva
che buca ancora e a notte

alta e sono sveglio e
il chiodo
fisso ora
è come
finire questa
vita spericolata che mi fa
continuare a parlare sulla musica
e tutto qui è reso magicamente
soffuso da questa gioia
e tutto non potrà che andare bene
e anche per il meglio
perché conosciamo le strade
e la luce della notte
e sappiamo dove andare
e abbiamo occhi per guardare
altri occhi e mani per toccare
e orecchie per sentire
e bocche per dire
e piedi per muoversi
e siamo tutti quanti noi puri
e statemi bene e buonanotte
a me a voi, e a tutto il mondo
di cui siamo cittadini
e buonanotte suonatori…