Brecht tra i garofani selvatici – Poeti peruviani contemporanei /3

da | Dic 9, 2015

Mario Pera, poeta d’oltreoceano in cui schegge di identità evocano, nella distanza del frammento, un tutto che non può comporsi se non come immagine residuale; strofinandosi contro un corpo principale, che non appare mai sulla pagina, lo costringono a mostrarsi proprio nella sua mancanza: le poesie avviano un processo in cui si compie «il funerale del meno»: profilate come corpi secondari, si nutrono alle spalle di quel tutto, che allontanato nella sostituzione viene reso un «ignorato dettaglio/ dove cagano i piccioni» («ho finto di essere un altro nel mio corpo/ il mio nemico più acerrimo/ quello che quando mi rado/ (con il vapore della sua bocca/ sul mio lato dello specchio)/ mi chiama per nome/ (…)/ e il maledetto miracolo che mi tocca/ è appena un alito inavvertito/ sulla nuca»).

Lo stesso fenomeno accade anche a livello microscopico, dove la versificazione, nella sua stessa struttura e disposizione, influisce direttamente sulla materia espressa. Rispetto a quanto possa sembrare, il discorso poetico non è uniforme ma appare frammentato. La frammentazione non è causata dalla presenza di citazioni, o dagli inserti di plurilinguismo: «alias prospexi animo procellas/ beatus ille quem vivere in locus amoenus et carpe diem», queste sono, piuttosto, naturali escrescenze di un pensare in versi ai limiti dell’onirismo; è lo svettare di alcuni versi, che mimetizzati perfettamente con gli altri in realtà spezzano il continuo del dettato: riassumendo e azzerando tutto ciò che si era presentato fino a quel punto («tutte le anime che nell’arena sono morte») si qualificano come la «carrozza vuota del mio padrone/quella che triste/ tira i suoi cavalli»; punti di rottura dove il ‘poema’ convogliato scompare, ripartendo in una nuova configurazione.

Il poeta peruviano prende d’assalto una convenzione di realtà («Dio/ devo osservarlo per iscritto/ per quanto dritto stia il mio collo/ sono ancora basso»), fino a cercare di esserne parte integrante: il «più caro figlio».

Davide Cortese

***

Stampa del viceré

Mentre i ceppi mi rodono le caviglie
e tarmano le mie bambole,
vicino all’antica torre contemplo
come nell’aia della fattoria
quando cade la notte sugli uomini,
è la carrozza vuota del mio padrone
quella che triste
tira i cavalli.

(Stoccarda)

*

Estampa virreinal

Mientras el cepo roe mis sobillo
y apolilla mis muñecas,
junto a la antigua torre contemplo
cómo en el patio de la hacienda
al caer la noche sobre los hombres,
es la carroza vacía de mi amo
la que afligida
hala de los caballos.

(Stuttgart)

***

Si sciolgono gli ormeggi

Non ho mai scritto di questo.
A volte ho stretto il pugno contro il foglio bianco
e tutto è stato inutile
le parole si sono rotte sulla carta.

Ottobre è arrivato infestato di spavento
e in attesa di un maledetto miracolo
ho finto di essere un altro nel mio corpo
il mio nemico più acerrimo
quello che quando mi rado
(con il vapore della sua bocca
sul mio lato dello specchio)
mi chiama per nome:
Vecchio Scorpione Miserabile
e l’abluzione si interrompe rovinata
e il maledetto miracolo che mi tocca
è appena un alito inavvertito
sulla nuca.

Di fronte allo specchio
mi sistemo bene la cravatta
il vestito del funerale
e scrupolosamente
mi impegno per ottenere una brillantezza uniforme dalle [scarpe.
Così ho masticato per anni la mia pazienza
(in silenzio contrito)
i miei pletorici animi per ringalluzzirmi
e la cremazione inclemente
del mio offertorio.

Canto le illusioni di un volto fraudolento
provo un’ultima smorfia
davanti allo specchio
e mi rifugio per strada.
Per adesso mi basta essere
il funerale del Meno.

*

Se sueltan las amarras

Nunca he escrito sobre esto.
Algunas veces apreté mi puño contra la hoja vacía
y todo fue inútil
las palabras se quebraron sobre el papel.

Octubre llegó infestado de espanto
y en espera de un maldito milagro
fingí ser otro en mi cuerpo
mi enemigo más acérrimo
aquel que cuando me rasuro
(con el vaho de su boca
en mi lado del espejo)
me llama por mi nombre:
Viejo Alacrán Miserable
y la ablución se detiene estropeada
y el maldito milagro que me correspondía
fue apenas un aliento inadvertido
en mi cogote.

Frente al espejo
me acomodo bien la corbata
el traje de serpelio
y escrupulosamente
me esmero en lograr un brillo uniforme en mis zapatos.
Así he masticado por años mi paciencia
(en silencio contrito)
mis pletóricos ánimos por engallarme
y la cremación inclemente
de mi ofertorio.

Canto las ilusiones de un falso rostro
ensayo un último mohín
frente al espejo
u me refugio entre las calles.
Por ahora me conformo con ser
las exequias de Lo Menos.

***

Brecht tra i garofani selvatici

Seduto e con le mani sporche
pensò che fosse un vecchio stupido
una in più di quelle lastre di marmo della piazza
che avrebbero potuto essere tagliate meglio per ottenere un
David
una Venere
o un’altra dea dai seni piccoli
e dalle natiche abbondanti
ma a un certo punto il suo destino ha subìto una deviazione
la divinità è inciampata nella punta di uno scalpello
e con molti crepiti la pelle è stata bulinata
come un totem incapace di profanare il proprio culto.
Quel rovescio si è fatto indelebile
e con il passare del tempo si è dovuto adattare a essere
un blocco in più della piazzetta o
l’ignorato dettaglio
dove cagano i piccioni.

*

Brecht entre clavellinas

Sentado y con las manos sucias
pensó que era un viejo estúpido
una más de quella lozas de mármol de la plaza
que pudieron ser talladas con mejor arte para lograr un
David
una Venus
u otra diosa de senos sutiles
y nalgas abultadas
pero algún momento su destino sufrió un desvío
su divinidad tropezó en el pico del cincel
y con cada crujido su piel fue burilada
como un tótem incapaz de profanar su propio culto.
Aquel revés se hizo indeleble
y con el paso del tiempo tuvo que conformarse con ser
un bloque más de la plazuela o
el ignorado detalle
donde cagan las palomas.

(da The Most Natural Thing, con David Keplinger, disegni M. Dagnino, EDB, Milano 2015)

Immagine: Massimo Dagnino, Garofano, matita su fotocopia, 2015.

Myra Yara, YO SOY tuya – Poeti peruviani contemporanei /1
Bruno Polack, Universal/particular – Poeti peruviani contemporanei /2

 

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).