Affiora a volte rauco in noi un linguaggio…

da | Ott 8, 2021

A Jean-Charles Vegliante è stato conferito il 65esimo Premio Letterario Internazionale Il Ceppo “Piero Bigongiari”. Pubblichiamo sei poesie da “Rauco in noi un linguaggio”, la raccolta antologica di Vegliante a cura di Mia Lecomte che esce per l’occasione con Interno Poesia. 

 

Terminus post

Ti ricordi quelle sere di quasi primavera
cielo profondo in cui contemplavamo Venere
trionfante e fredda lontano dai nostri virus
la cui paura già ci lasciava vacillanti?
Ora che il mondo intero si stravolge
e rifiuta di fare finta ancora
di poter ricominciare tutto come prima,
dalle nuvole chiniamo gli occhi all’humus.

Era, dopo, un sogno sotto le palpebre,
orizzonte nascosto dietro volti
di cari esseri desiderosi di tornare alla terra,
progetto di feste d’amore e di viaggi…
Ricordi queste parole di un solitario:
Siamo tutti vapore di una stessa nube.

(inedita, 20 marzo 2020)

 

***

da TROIS CAHIERS AVEC UNE CHANSON SUIVI DE SOURCE DE LA LOUE 
(Mont-de-Laval, L’Atelier du Grand Tétras, 2020)

Quaderno Cinese

Un passero nella finestra si spaventa
Il suo riflesso o quest’uomo?
la mano che dietro scrive lenta

Sotto il volto incontrato nella sera
eco di un ricordo
d’altri volti mai rivisti

Così dell’amore dopo il primo giorno
godere del sole che muore
dietro il pudore di una nube

Appelli estenuanti alle prime ore
Piccoli esseri che cercano
coloro da cui la notte li ha divisi

La luna è enorme e fragile posata
su una linea d’oro
che già comincia a scalfire

il suo disco pallido sparendo quasi
un residuo di sapone
nell’acqua.

In sogno l’incontro con Xin Qiji
neppure tanto vecchio
non capiamo le nostre lingue

Se il dito del saggio designa la luna
è perché non si vedano
le mani dissolte nell’ombra

Sopravvive lo spirito nell’amorosa memoria
di qualche(almeno)duno
o solo un gesto un odore queste parole?

Quando il vento scuote come un fuscello le torri
di umani che l’acqua trascina
a che serve abbracciare la bellezza?

Dice: non disperi per ciò che sta
là minaccioso
ma per quello che siamo

Chi viene dietro marcia sulle ombre
inclina a terra
vano combattere

 

***

da OÙ NUL NE VEUT TENIR
(Bruxelles, La Lettre volée, 2016)

ESPERIENZE

(Esperienza del niente)

C’è questo silenzio, c’è tutto quello
che scriviamo come elusione distratta
di ciò che un tempo ci ha spinti a dire,
a scegliere questa parentesi dove sussiste
ciò che sei, che vibra in dispersa voce

 

 

(Esperienza, esfoliazione)

Cadono le foglie, cadono i capelli, le maschere
e noialtri presto cadremo, così
numerosi che mai avremmo creduto che tanti
ne avesse disfatti colei che non ha occhi
per piangere sulle nostre spoglie di cipolla, la camusa.

 

*

Affiora a volte rauco in noi un linguaggio
d’un tempo, o meglio concordia finale
con i tristi che a terra o nell’aria
rifuggono gridando vanamente qualcosa
che nessuno comprende (neppure loro stessi) –
lì vibra l’orda da allora abolita… e si perde
di nuovo – lastu, merlé, paccod galleggiano
poi più niente, ombre e bestie silenziose
sono ripartite dal foro nel muro, le assi
del pavimento, il casolare cavo del cranio.
Un languore vi riposa come un’eco.

 

*

(Dentro di me è un animale selvaggio
che una volta fu ferito a morte
e non sopravvive, se sopravvivere può dirsi,
che proteggendosi, separandomi dai cari
esseri, viventi e scomparsi, o che vorrebbero
diventarlo – suppongo –, ma non si può
far ragionare il piccolo solitario,
supplire al torto prima delle parole.

Prima è una parola illusoria, non conduce a
nient’altro che a condurre i nostri passi al niente
quando non ci si ritrova più sotto al vento
dell’approdo, la corrente buona che ti tiene
dritto all’erta, pronto ad accogliere
a mordere a baciare quest’ombra di bellezza.)

(…calar le vele e raccoglier le sarte, Inferno XXVII)