La senatrice all’elezione del Presidente della repubblica

da | Giu 27, 2013 | Senza categoria

La sera prima ho fatto una cosa che faccio molto poco. Sono tornata a casa abbastanza presto, ho preparato una cena. Uova al tegamino con asparagi, patate al forno, insalata e fragole. Sono cose che vengono dal mio orto in campagna. Io raccolgo tutto il lunedì mattina, arrivo a Roma e per tutta la settimana ho le verdure e le uova delle mie galline felici che non vengono ammazzate per diventare polli da forno ma galline solo da uova.
Ho aspettato mio marito che arriva tardissimo. Se arriva troppo tardi mangio da sola. Il suo uovo l’ho cotto quando è tornato.
Poi ho fatto quello che fanno tutte le donne quando hanno un appuntamento importante: sono andata di là nell’armadio e ho cominciato a dire che mi metto domani?, mi metto una cosa molto visibile? Ho pensato: mi metto una cosa elegante. Sì, perché è un’occasione importante. Però se mi metto il solito tailleur grigio / tailleur blu mi mischio fra mille uomini perché sono tutti in grigio e blu. Quindi mi metto un tailleur rosso? No: perché rossi sono i sedili della camera e se stai seduta ti perdi, perché il rosso non si vede, e poi il rosso lo usano tutte le donne della sinistra, quindi non va bene rosso. E quindi ho detto: Sicuramente questa roba non passa al primo voto, torneremo a votare il presidente anche domani e dopodomani, faccio una scelta di vestiti per i prossimi giorni.
Poi c’avevo pure un’altra ansia: mia madre e mio padre, che hanno cominciato a bombardarmi di telefonate dicendo Oh c’è la diretta! Guarda che ti vedo! Come c’hai i capelli, che ce l’hai ricci?, che ce l’hai lisci? Se ce l’hai lisci ti riconoscono: insomma tutta una storia co’ sti capelli.
Sono arrivata alle dieci meno cinque con la mia piccola Smart nel parcheggio dei senatori, poi ho fatto tutto il pezzo a piedi fino alla camera bestemmiando fra i sanpietrini dove s’infilano i tacchi. Avevo delle decolletées chiare. E ho camminato in punta di piedi senz’appoggiare il tacco.
Non faceva freddo però avevo un piccolo soprabito che ho lasciato nella macchina perché mi sono detta chissà in tutta quella bolgia magari lo butto da qualche parte…
Poi avevo anche la borsa che però ho tenuto con me. Una borsona con il mondo dentro. IPad, cibo da vegetariana, carta per scrivere, quadernetti di vario tipo, ricarica batterie dell’iPad, ricarica batterie del telefonino, trucco perché non si sa mai, kleenex perché non si sa mai… Ho una piccola trousse, però mi trucco la mattina e ritocco solo la cipria e il rossetto, il resto del trucco non lo ritocco. Anche perché non mi trucco pesante.

Ovviamente per un neoeletto andare come primo appuntamento a votare il presidente è una cosa eccezionale. Noi non avevamo ancora nemmeno insediato le commissioni. Mi veniva un senso di ansia ma non perché non lo so fare. In vent’anni di politica ho votato di tutto. Dovevamo dare una risposta ai cassaintegrati, agli esodati, ai disoccupati.
Io arrivo sempre puntuale ma mai in anticipo. Essendo una vecchia signora mi devo molto ristrutturare e perdo tempo allo specchio.
Fa impressione entrare in quel posto enorme, è un girone infernale. Dove non c’era posto a sedere per tutti. Chi voleva farsi vedere è arrivato molto presto perché così si è messo nelle prime file.
Si comincia con i senatori. Prima chiama e seconda chiama. Se sei al bagno, vieni chiamata alla seconda chiama. Finiti i senatori, i deputati e poi i delegati regionali. Poi comincia l’altro ambaradam, la lettura – la Boldrini che sembra che diceva il rosario.
Avrei voluto leggere i giornali, perché dai giornali cogli tante cose, però ho detto ci sono i fotografi, poi se ti dicono che guadagni diecimila euro al mese per leggere i giornali, è meglio che te li leggi a casa. Perché noi ora abbiamo pure quest’incubo: che non solo ti fanno le fotografie con i cannoni, e vedono pure se hai scritto un bigliettino. Ma ti fanno le fotografie su tutto quello che c’hai addosso, se ti sei messa le dita nel naso o nelle orecchie. È una brutta sensazione.
Certo dipende anche dalla propria sicurezza in se stessi. Secondo me una bella donna ben vestita sta abbastanza tranquilla.
Devo dire che più aumenta l’età più diventa difficile. Ti stanchi. Non ti puoi levare le scarpe anche se vorresti, quante volte vorresti. Cerchi di fare quello che puoi, guardi se la tovaglia è abbastanza lunga, se puoi sfilarti una scarpa, se ti pizzica il naso cerchi di farlo in modo educato. Te lo tocchi se hai il fazzoletto, se devi sistemarti i capelli cerchi di farlo senza che poi ti restano i capelli in mano e non sai dove buttarli. Io vengo da un’educazione rigida. Sono stata molto vessata da bambina. Sono una maniaca di come si mangia a tavola. Se sto a tavola con persone che mangiano male mi sento a disagio.
A pranzo mi sono molto vergognata. Perché mi porto le cose da casa. Quando so che posso rifugiarmi a mangiare in macchina o nell’ufficietto mi porto un contenitore con l’uovo sodo oppure il formaggio e il pane. Quando so che invece, come oggi, mi può capitare di mangiare nella bouvette, prendendo un caffè, mangio delle barrette di proteine vegetali che compro in farmacia, un prodotto omeopatico.
Oddio, c’hai sempre un po’ di fame, però nelle bouvette di camera e senato c’è la frutta sempre. Puoi prendere la spremuta. Io prendo molto latte.
Tre giorni chiusi là dentro.

La sera ci è stata data consegna con i messaggini. Ricevi le indicazioni per sms su chi votare dalla segreteria del partito, e il mail bombing di amici e sconosciuti per votare l’altro. Quindi una sensazione devastante. Sms di amici, conoscenti, persone. Una brutta sensazione d’incertezza. Oltre all’ansia di una neoletta, il look, l’ansia di rappresentare un partito nel quale vieni travolta dalle logiche di apparato e di corrente anche se non sono tue. La devastazione del partito la vivi sulla tua pelle, migliaia di mail bombing di gente che diceva chi votare sulla mia casella di posta del Senato.
Mi addormento sempre tardi. Guardo i programmi politici, Rai News 24, Linea Notte del tg3, e guardo i siti dei giornali, del partito. Leggo Linkiesta. Nel letto, al buio perché mio marito vuole dormire. Guardo la tv al letto, mio marito non ci sente e dorme meravigliosamente. Metto il volume al minimo, la stanza è buia, la tv è attaccata in alto. L’ipad lo accendo quando spengo la tv. Il multitasking mi pare da nevrotica.
Alle otto mi ha svegliato mio marito con il tè. La mattina sono brutta e cattiva, ringhio. Mi sono tutta ristrutturata. Non mi faccio la manicure, ho le mani rovinate dall’orto.
Ci siamo riuniti al Capranica, che porta una sfiga tremenda. Fuori dal Capranica c’era tutta la gente. Quando siamo usciti dal Capranica la seconda volta, fuori dal Capranica c’era lo schifo. Sono sgattaiolata dietro le telecamere per non farmi vedere. Perché uscire apertamente e sentirsi dire venduti e ladri io non mi sono voluta sottoporre a questo stress perché non me lo merito. Ma sono un soldato e devo obbedire agli ordini del partito.

Potere per me è l’infinito del verbo potere. Se posso fare qualcosa per la mia gente.
È stata una vicenda tutta gestita al maschile. Questa mancanza di visione d’insieme, di bene collettivo. Poi alla fine, la regressione del maschio che torna bambino e torna dal nonno.
Sabato sera mi sono portata a casa il dolore.
Sabato sera me ne sono andata in campagna. Tardi. Ho chiesto a mio marito, domenica devo stare fuori, mi devo disintossicare da questo merdaio dove sono stata.
Non poter determinare niente è una cosa defatigante. Per fortuna io nel frattempo penso sempre alle mie cose, alla spesa da fare, se il gatto ha mangiato, se mio padre l’ho chiamato. I pensieri privati ti salvano, puoi non schiacciarti su una dimensione politica che è umiliante, perché non la determini.
Rispondere agli sms delle persone che cercavano spiegazioni. Volevano sapere se ero una dei traditori.

Quando entri in quell’affaretto è un momento in cui ti senti che stai partecipando alle sorti del tuo paese.
Esci da lì e la telecamera ti inquadra, ti vedono tutti, dopo due secondi tua madre te chiama te dice T’ho vistaaa.
Ci sono dei faretti, una mensolina, una vaschetta piena di matite, io mi porto gli occhiali perché ovviamente non ci vedo, la pieghi prima di uscire. C’ha questa cosa di tende e poi c’è sta cosa particolare che tu arrivi e non sei tu che dici presente è il commesso che lo dice.
Il segretario chiama, mi preparo, quando viene data la scheda in mano l’uscere dice presente, col tuo cognome.
Intanto sei fuori. Comunque sei fuori. Il mar rosso si è aperto, e tu sei passato.
Io mi sono sentita liberata.
Poi certo.

Quella sera sono partita immediatamente per la campagna. Sono passata per casa, mi sono cambiata la mia bella camicia, ho preso le cose della spesa nel frigorifero, sono passata a prendere mio marito, siamo andati, e in campagna abbiamo mangiato dentro casa, fa ancora freddo.
Appena arrivo a casa vengo acclamata dai cani e dai gatti.
Non spengo il telefono, perché mio padre è anziano.

 

Il testo è stato scritto in occasione della serata “Lei non sa chi sono io” al Festival delle Letterature di Roma 2013.

Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).