Breve storia del Degrado Morale

da | Giu 21, 2014 | Senza categoria

Perché Jep Gambardella non riesce più a scrivere? Cosa spinge Valeria Bruni Tedeschi a tentare di riaprire il Politeama di Como? Come mai Jasmine Trinca fugge in Amazzonia? Perché Gramellini a metà di The Wolf of Wall Street s’incupisce, smette di seguire il film e inizia a guardarsi attorno pensando che gli spettatori «non riusciranno a fare sesso per una settimana»?
Le motivazioni pur diverse che innescano azioni, inazioni e riflessioni dei personaggi dei film italiani e di Gramellini pescano dentro un’unica grande narrazione a finanziamento statale: il «degrado morale».
Il degrado morale è il sortilegio che trasforma una storia in un «film riconosciuto di interesse culturale» che può aspirare alla cassa del Ministero. Il degrado morale è un genere. Tipo quelli che usava Blockbuster. Come ricorderete, i negozi della multinazionale texana del noleggio sistemavano i dvd dentro categorie e sottocategorie emotive – «adrenalina», «relax», «in famiglia», «emozioni», «trasgressivo» – aiutandoci così ad abbinare i marshmallow o la pizza surgelata (buonissima) col film preso in affitto. Non fosse finita in bancarotta, Blockbuster oggi avrebbe dovuto esporre parecchi dvd italiani in un muro del «degrado morale».

Dal 2011, cala il pubblico, calano gli incassi, cala la quota di mercato dei film italiani, salvati sull’orlo del precipizio da Checco Zalone, ma il «degrado morale» non conosce arresti, né crisi. Per il degrado morale (anche conosciuto come il.degrado.morale.di.questi.vent’anni) è stato un anno formidabile. L’anno in cui tutto divenne degrado morale. L’anno in cui il degrado morale ha vinto l’Oscar.
Per dire, La gente che sta bene, con Claudio Bisio e Margherita Buy, sembra una commedia e invece «non è solo una commedia, ma un film che riflette sul degrado morale della società italiana». Claudio Bisio, infatti, era già stato testimonial del degrado morale nelle doppie vesti di arringatore a Sanremo e protagonista di Benvenuto Presidente, commedia degli equivoci ambientata al Quirinale che però è «un film che invita ciascuno a fare i conti con se stessi ed il degrado morale del quale tutti siamo portatori». A fronte di richiami generici, con Il capitale umano Virzì dichiarava di aver trovato l’epicentro del «degrado». È a Como. «Il cineteatro Politeama di piazza Cacciatori delle Alpi è il luogo simbolo del degrado che Virzì ha scelto lo scorso marzo per uno dei set del film», ci dicono. «Como, città ricchissima, esprime il degrado della cultura con quel suo unico teatro chiuso», ribadiva il regista. Mettici anche che Brianza fa rima con finanza. Anche se, vedendo il film, sembrerebbe un thriller costruito sull’implacabilità del caso o qualcosa del genere. Solo che se allo spettatore progressista gli dici «thriller» quello non si muove o storce il naso. Ma se dici thriller.sul.degrado.morale.della.finanza magari al cinema ci va. Come in Un giorno devi andare, con Jasmine Trinca che arriva in Amazzonia mossa da una «devastante delusione prodotta dal degrado morale». E Reality di Matteo Garrone cos’è se non un film «esistenziale, tragico, commovente, ma soprattutto fotografia del degrado morale e intellettuale italiano»? È stato il figlio (2012) di Daniele Ciprì, invece, «mette in scena le miserie del Sud aiutandoci a riflettere sul degrado morale di questo ventennio». Io, loro e Lara (2010) di Carlo Verdone è «una commedia specchio del degrado morale e sociale dei nostri giorni». Sul «Giornale», Marcello Veneziani ce lo racconta in un articolo che si intitola «Verdone e Rosarno: due ritratti del degrado italiano».

Diaz (2012), che prima avremmo definito «cinema civile», qualsiasi cosa abbia mai voluto dire, diventa «la fotografia di un degrado morale e civile che dobbiamo assolutamente comprendere in modo da metterlo fuori dal nostro orizzonte di valori». Sono sempre film che fotografano qualcosa – dove «fotografare» diventa un’alternativa a «raccontare». Se non sai costruire strutture narrative forti, puoi sempre sopperire col degrado morale. «Rivisto oggi» scrive il sindacato dei critici cinematografici, «il primo film di Carlo Mazzacurati, Notte Italiana, del 1987, è spaventosamente moderno nella denuncia del degrado morale, politico, economico che allora si stava facendo strada». Era anche il primo film prodotto da Angelo Barbagallo e Nanni Moretti.
Per Sabina Guzzanti il simbolo del degrado morale non è il Politeama di Como ma l’Auditel – «aver messo in cima alla lista la poetica degli ascolti è una delle cause del degrado culturale del Paese». A Cagliari organizzano un festival, «Sguardi sulla società italiana. Il degrado civile raccontato dall’arte cinematografica». Sul programma leggiamo che «la proiezione del film di Silvio Soldini, Il comandante e la cicogna, commedia realizzata con il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali ci consentirà di affrontare le tematiche relative al degrado morale». Patrocinio è un bel modo per ricordare che è stato finanziato con un milione e centomila euro. Perché il degrado morale costa. Tutti lo cercano, tutti lo vogliano, finché c’è degrado c’è speranza. Finché arriva il giorno che il degrado morale ti porta «sul tetto del mondo», come dice Renzi in televisione quando parla dell’Oscar di Sorrentino.
«Quindi non mi pongo come obiettivo il racconto del degrado di questo Paese, ma voglio individuare una forma di bellezza in questo stesso degrado», dice Paolo Sorrentino su «La Repubblica» il 4 giugno 2013. Praticamente, un manifesto. Voi il degrado morale lo fotografate, cercate l’epicentro. Qui ci costruiamo sopra un rito pagano, altro che Como. Lo sublimiamo a fuoco lento, a botte di dolly, di luminosi tagli di luce di Luca Bigazzi, di vocal ensemble di David Lang sporcati con un po’ di Bob Sinclair. Troviamo l’autocoscienza, la fenomenologia del degrado morale. Quello che vedi è brutto, ma come lo vedi bene. È la redenzione, bellezza.

Da dove viene il degrado morale? Quando è arrivato? Sembrerebbero tutti d’accordo. Non ti puoi sbagliare, il degrado morale inizia nel 1994. Eppure già il 24 maggio del 1993, davanti ai giudici di Mani Pulite, Cesare Romiti parlava delle pressioni di Craxi e De Mita per le cessioni delle Teksid alla Finsider come dell’emblema di «uno spaventoso degrado morale». Disse proprio così.
Il degrado morale discende dall’«apocalisse culturale» di Pasolini. Però, quale formidabile categoria emotivo-interpretativa della cultura italiana, i suoi padri sono altri.
Come si legge in un documento della Conferenza Episcopale Italiana, datato 28 febbraio 1965: «la commissione per la valutazione e classificazione dei films sotto il profilo morale e a fini pastorali sottolinea quindi il pericoloso degrado morale della più impegnata produzione cinematografica italiana recente, caduta ormai verso un progressivo e sfrenato deterioramento». Perché le radici sono importanti.

(Questo pezzo di Andrea Minuz è tratto dal numero 66 di Nuovi Argomenti, “Granturismo”, disponibile in libreria e negli ebook store.)

Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).